“Amò. Fu amata. Morì.”
Il grido disperato di un uomo che perde propria amata si leva dall’epitaffio inciso sulla lapide della tomba della donna. Ma non tutto è ciò che sembra.
All’indomani della morte di quella donna conosciuta appena un anno prima, il suo disperato
amante si trova a vagare nottetempo per la “citta dei morti”, questa la definizione di un non meglio identificato cimitero parigino, che accoglie – tra i tanti – le spoglie mortali della donna amata. Perso tra quelle tombe nell’oscurità di una notte senza luna, in un istante a cavallo tra il reale e l’onirico, vede sollevarsi il coperchio di un sepolcro, quello appartenente a tale Jacques Olivant, di anni 51, che – così recitava l’epitaffio – “Amava la famiglia, era buono e onesto. Morì nella pace del Signore”.
Il morto inizia a cancellare quelle lusinghiere ma mendaci parole e ad incidere di proprio pugno anzi: di proprio osso – l’amara verità: “Qui riposta Jacques Olivant, deceduto in età di anni 51. Con cattiveria affrettò la morte del padre dal quale desiderava ereditare, tormentò moglie e figli, imbrogliò i vicini di casa e rubò quanto gli fu possibile. Morì miserabile.”
D’un tratto lo sfortunato amante si accorge che tutti i morti stanno uscendo dalle loro tombe per ristabilire sulla soglia della propria dimora eterna una altrettanto amara verità e capisce che tutti avevano – chi più chi meno – imbrogliato, rubato, compiuto tutti gli atti più abominevoli, quei buoni padri, quegli sposi fedeli, quei figli devoti, quelle fanciulle caste, quei commercianti probi, quegli uomini e quelle donne irreprensibili.
Recatosi presso la tomba della propria amata, lo sfortunato amante deve prendere atto che anche la venerata donna non è stata da meno. Sull’epitaffio, ora corretto, non si legge più “Amò. Fu amata. Morì”, ma “Uscì di casa per tradire il suo amante. Prese freddo sotto la pioggia e morì”. Un dramma individuale in forma di racconto breve, che si pone sullo sfondo di una più ampia critica di Guy de Montpassant alla società borghese dell’epoca vista come falsa, ipocrita e prevaricatrice. Immortale racconto di fine ‘800 che non conosce spazio né tempo.
Marco Rampf