II Domenica T.O. anno C
II Domenica T.O. anno C

II Domenica T.O. anno C

«Qualsiasi cosa vi dica, fatela!»

Gv 2,1-11

“Il terzo giorno”: come in Es 19,11 indica il momento in cui il Signore si manifesterà al suo popolo. In questo stesso capitolo di Giovanni, Gesù dirà, riferendosi al suo corpo, “in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2,19). In Es 19,9 Dio esorta il popolo ad ascoltare la sua parola e a credere in Lui. Il vangelo di oggi si conclude affermando che i discepoli di Gesù credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Dunque, il brano, come sottofondo, ha l’inizio della manifestazione di Gesù e contiene l’appello alla fede per i suoi discepoli.

“C’era la madre di Gesù” è una figura centrale nella dinamica del brano. Essa personifica l’antico popolo d’Israele. Nel linguaggio biblico-giudaico “donna”, lo strano appellativo con cui essa viene apostrofata da suo Figlio, è usato per designare Israele, chiamato ad avere con Dio un rapporto di dialogo, di Alleanza sponsale. Però Maria, chiamata sempre dall’evangelista “madre”, ha anche un ruolo di mediazione, indispensabile perché il segno di Cana possa avvenire. Essa viene presentata da subito inserita nella festa di nozze. È Gesù che arriva dopo con i suoi discepoli. Lei è già lì, in mezzo alla sua gente.

“Non hanno vino”: la Madre espone un semplice dato di fatto; solo indirettamente è anche una richiesta d’intervento, molto discreta, che comunque Gesù nella sua risposta intende correggere o superare. “Donna, che vuoi da me?”: comunque si voglia interpretare la frase, essa esprime una divergenza di vedute: Gesù intende portare Maria a un livello superiore (come quando invita la samaritana a cercare un’acqua diversa da quella del pozzo). La chiama “donna”, come farà con la samaritana (Gv 4,21), con l’adultera (8,10), con la Maddalena (20,13.15). La chiamerà così anche ai piedi della Croce, quando la indicherà come nuova Eva, Madre di tutti i credenti, rigenerati nel suo sangue (19,26). Se Gesù la chiama “donna” e non “madre”, vuol dire che la sta interpellando per assumere il ruolo di una nuova forma di maternità, che supera quella carnale, e che è legata alla missione di questo Figlio che non è solo suo.

“Non è ancora giunta la mia ora”: è la prima volta che troviamo in questo vangelo il riferimento all’Ora di Gesù, quella in cui si compie la sua missione; è il momento che lo qualifica nella sua piena identità. È la morte e la risurrezione fuse in un’unica realtà. Il suo compimento è determinato dalla volontà del Padre, non può essere forzato né dalla richiesta della madre, né dalla violenza dei nemici (7,30; 8,20). In questo contesto lascia intendere che esiste un nesso tra ciò che Gesù compie a Cana e l’Ora suprema.

Maria sicuramente intuisce, ma non comprende. Però assume l’atteggiamento perfetto del discepolo: continua a credere, nonostante l’oscurità del momento. Anzi, invita, o, meglio, ordina ai presenti di essere pronti a sottomettersi alla parola del Figlio: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”.L’ordine di Maria ricorda l’esortazione più volte ripetuta da Dio per bocca di Mosè nell’Antico Testamento. L’ascolto attento e la prontezza a eseguire gli ordini del Signore caratterizzano il cammino di fede d’Israele e il nostro.

Ci sono là sei grandi recipienti di pietra adibiti a un uso particolare: “la purificazione rituale dei Giudei”. Giovanni attira la nostra attenzione sulla eccezionale capacità di queste anfore: possono contenere circa 600 litri di acqua! Una esagerazione per l’uso che se ne doveva fare (le abluzioni prima di mangiare). Ma sarà proprio questa quantità enorme di acqua a diventare vino, per ordine del Signore! Il vino copioso serve per rallegrare la festa di nozze, per l’amore ritrovato e l’Alleanza rinnovata. Con la venuta di Gesù, lo Sposo, Israele non sarà più la sposa abbandonata, la terra devastata, ma sarà la gioia del suo Dio, e la sua terra sarà Sposata (Is 62,4) per sempre. Il vino che dona Gesù, oltre che essere abbondante, è di qualità superiore a qualsiasi altro vino, perché l’ebbrezza che Lui offre viene dall’Alto, non è effimera e passeggera come qualsiasi gioia terrena.

Questo è il primo dei segni compiuti da Gesù, esclama l’evangelista. È la prima volta che Gesù manifesta la sua gloria e lo fa attraverso la simbologia di una festa di nozze. Ne indica l’elemento centrale, il più importante: la gioia, quella pienezza interiore di cui ogni uomo ha tanto bisogno. Lo Sposo divino è venuto per fare di noi delle persone felici.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *